Il 2021, si sa, è un anno particolarmente denso per il mondo dei materiali e del riciclo.
La presa di posizione della direttiva SUP, che mira alla riduzione dell’inquinamento marino da plastiche inquinanti e a un aumento delle quote del riciclo della plastica, ha spinto tutti a cercare la propria interpretazione di una normativa che, a qualche giorno dalla sua attuazione, rimane avvolta in un alone d'incertezza.
Quello italiano resta un campo di applicazione con le sue peculiarità: nel recepimento della direttiva a preoccupare sono le generalizzazioni rispetto al mondo delle bioplastiche.
Non capita così raramente, in una società cooperativa plastic free che commercializza stoviglie e monouso compostabile, sentirsi rivolgere richieste come “Avrei bisogno di bicchieri in plastica. Ah, anche dei coperchi, sempre in plastica però!”.
La differenza - netta - che si frappone tra il mondo delle plastiche inquinanti derivate da petrolio e quello del monouso compostabile e delle bioplastiche, che un consumatore poco attento può facilmente fraintendere, non può essere però generalizzata nei regolamenti comunitari.
Lo scenario è quello di un’Unione Europea che mette al bando le plastiche non riciclabili ma, al contempo, finanzia e supporta progetti di sviluppo e ricerca nel campo delle bioplastiche, un settore in continuo movimento che si muove verso uno snellimento tecnologico delle soluzioni per lo smaltimento e il riciclo dei prodotti in bioplastica compostabile derivata da materie prime di origine vegetale.
Che cos’è il CONAI?
Il CONAI è un consorzio senza fini di lucro che, in Italia, rappresenta uno (se non l’unico) strumento con il quale i produttori e gli utilizzatori di imballaggi riescono a garantire il raggiungimento di due obiettivi principali:
- Stabilire un sistema di responsabilità condivisa per chi mette in commercio e utilizza imballaggi
- Assicurare in tal modo un riciclo e un recupero dei rifiuti di imballaggio
Il CONAI, in parole povere, ha stipulato convenzioni con quasi tutti i comuni italiani alcune società private che si occupano della raccolta differenziata, pagando a questi ultimi una quota per lo smaltimento dei rifiuti.
Il consorzio si basa quindi su un sistema di responsabilità condivisa, in cui sono coinvolte le imprese e gli enti della Pubblica Amministrazione.
Si tratta, quindi, di una prima soluzione a cui tutti gli attori coinvolti tentano di contribuire per far fronte a un problema comune, quello della gestione dei materiali di imballaggio quando questi esauriscono la funzione principale ed entrano nella seconda fase del loro ciclo di vita: il reimpiego.
Il sistema sviluppato dal CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), che nasce già nel 1997, si ripropone di sostituire l’ottica della discarica con un sistema integrato in cui si agisce su più fronti: sensibilizzazione ed educazione dei consumatori e dei produttori, prevenzione, recupero e riciclo.
I materiali coinvolti sono sei: acciaio, alluminio, legno, vetro, carta e bioplastica.
La gestione delle bioplastiche biodegradabili e compostabili: il consorzio Biorepack
È proprio nel nostro paese che nasce la prima realtà di responsabilità estesa del produttore per gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile certificati UNI 13432.
Biorepack, il consorzio di filiera del CONAI per le bioplastiche, è un segno del fermento italiano nel mondo della ricerca e della gestione in questo particolare ambito, oggetto di generalizzazioni poco generose nella normativa SUP sul monouso.
Oltre le apparenze
Nel maggio 2021 il consorzio ha lanciato una campagna di sensibilizzazione dal titolo “Oltre le apparenze”.
L’obiettivo? Cercare di sensibilizzare sul tema dell’assimilazione erronea delle bioplastiche compostabili al mondo delle plastiche inquinanti ed educare al riciclo organico dei rifiuti d'imballaggio in bioplastica biodegradabile e compostabile.
Operando in parallelo con il Ministero della Transizione Ecologica e il Ministero Sviluppo Economico, il CONAI si muove quindi in una direzione che non combacia del tutto con quella dell’UE e che, in virtù di questa posizione, nei prossimi mesi dovrà essere capace, assieme a tutte le attività coinvolte, di dare un feedback concreto alla Commissione Europea per far sì che gli obiettivi della direttiva SUP diventino funzionali all’effettivo bilancio del mercato degli imballaggi a base cellulosica (Consorzio della carta) e di quelli in bioplastica.
Conclusioni
Il recepimento della direttiva SUP deve essere equilibrato e capace di tenere conto della presenza di materiali compositi come, ad esempio, i bicchieri in cartoncino con una sottile spalmatura in PLA, che nascono da una risposta che si vuol dare alle normative sui materiali per il contatto con gli alimenti e, comunque, rimangono un prodotto nettamente diverso rispetto a un bicchiere in plastica derivata da petrolio.
Si deve, insomma, operare non in base al numero dei pezzi e limitare indiscriminatamente l’uso di soluzioni ecocompatibili e compostabili soltanto perché all’interno della parola bioplastica ne riecheggia un’altra, più dura a morire e difficile da ridurre.
La prospettiva va ben oltre le apparenze. Soltanto con l’implemento di sistemi di formazione e sensibilizzazione e lo sviluppo di meccanismi di economia circolare che seguono il prodotto lungo tutta la sua parabola evolutiva (come il CONAI, ad esempio), il nostro paese sarà in grado, infine, di rispondere alle esigenze di un mondo in continua evoluzione